Il cibo “giusto” è quello che si ottiene senza sfruttamento: dell’ambiente, del suolo, dell’acqua, dei viventi umani e non umani.
Questo significa riconoscerci come esseri ecodipendenti, in cui i beni comuni prevalgono sugli interessi individuali, in cui il lavoro non è soltanto produzione e accumulo, ma cura e responsabilità condivisa e in cui ogni soggettività, umana e non umana, più o meno capace e più o meno vulnerabile può coesistere senza gerarchia di valore. Una comunità da sostenere e alimentare, dove il nutrimento della vita non dipende dallo sfruttamento di altre vite da parte di soggetti in posizione di privilegio.